Baita
L’ho incontrata “per caso” nel 2015 e me ne sono perdutamente innamorata. Stavo leggendo “In Walden” di Thoreau e ho capito che lei sarebbe stata il mio rifugio in cui scrivere, vivere, essere libera e felice. Ero scappata da un caldo soffocante di pianura per trovare qualche giorno di respiro in montagna, che di solito frequentavo solo in inverno. Avevo percorso un lungo sentiero in salita nel bosco, alcuni scoiattoli lo avevano attraversato, c’era un silenzio da non crederci e sentivo nel cuore una pace come non avevo mai provato. Finalmente ho raggiunto un pianoro illuminato da tantissime stelle viola, il crocus selvatico. Il paesaggio era stupendo, ma davo la schiena a quella che ho scoperto essere la Regina, come la chiamavano giù in valle. La Marmolada era così imponente e bella che mi aveva mozzato il fiato. Non so per quanto tempo sono rimasta a contemplarla, ricordo solo che quando sono tornata alla realtà, ho visto questo minuscolo capanno sgarrupato che sembrava un ricovero per attrezzi agricoli. Ma “l’abito non fa il monaco” e dopo che Marta, una signora che abitava lì accanto, me l’ha mostrata, ho sentito di essere tornata a casa. Con le lacrime che mi rigavano le guance e dei brividi che mi percorrevano tutti i meridiani del corpo, ho capito che lì era il mio tempio. Non è stato semplice realizzare il desiderio di averla per me, perché apparteva a una famiglia che in quel luogo aveva le sue radici e non era in vendita; ma come diceva Goethe “qualunque cosa tu pensi o desideri o sogni di fare, cominciala. L’audacia ha in sé genio, potere e magia” e quando stavo per non crederci più la mia determinazione l’ha avuta vinta e sono diventata la nuova Thoreau delle Dolomiti, lasciando contemporaneamente un lavoro che non avevo mai amato e iniziando a vivere seguendo il cuore selvatico che avevo sempre soffocato. Da quando sono con Lei, tutto il mio universo è diventato color arcobaleno.